Nearshoring

Il nearshoring ha trovato grande eco nelle pratiche industriali dei Paesi Occidentali subito dopo la pandemia da Covid 19 a causa degli shock osservati nelle supply chain che si lì avevano retto i modelli produttivi internazionali. In pratica fino al 2020 il paradigma produttivo per eccezione era il seguente: l’azienda manteneva nome e struttura direttiva nei Paesi Occidentali di origine, qualche volta portando la sede fiscale nei Paesi con migliori condizioni in tema di tasse. La produzione invece veniva realizzata quasi tutta in Cina o comuqnue in Asia dove il costo del lavoro era ridicolo. In più tali processi produttivi, votati come sempre al miglior contenimento dei costi, prevedevano il mantenimento di livelli di magazzino “minimi”. Si parlava di approccio “just in time”, ovvero di mantenere i magazzini pieni il giusto che serve per poter rifornire in tempo aziende produttrici e mercati di consumo.

Con la pandemia è saltato tutto. Sì è scoperto ad esempio che se il porto di Shangai si blocca grandi aziende automobilistiche europee come BMW e Mercedes non possono più produrre veicoli. Si è scoperto che se il Governo Cinese decide di mettere in quarantena città di 20 milioni di abitanti per 4 casi di Covid, le aziende si bloccano ed i prodotti non arrivano.

In pratica ci si trova nella condizione per cui per un certo prodotto esiste il consumatore pronto ad acquistarlo ma manca il prodotto stesso perché non si è fatto in tempo a produrlo oppure è stato prodotto ma è bloccato in qualche porto asiatico.

Come se ne esce? In parte con il famoso decoupling ovvero con l’indipendenza dalla Cina nei grandi processi produttivi, in partiche con pratiche aziendali innovative come il nearshoring.

Il nearshoring consiste nel insediare i propri siti produttivi all’estero ovvero in Paesi a basso costo del lavoro ma non troppo lontani dal Paese in cui poi il prodotto verrà utilizzato dal consumatore. IN quest’ottica la Bulgaria è il Paese ideale per il nearshoring rispetto alle aziende italiane.

È nell’Unione Europea e quindi le esportazioni dalla Bulgaria all’Italia non sono soggette a dazi doganali. C’è manodopera certamente più qualificata di quella che è possibile trovare in Asia. Il costo del lavoro rispetto all’Italia è un quinto: un operaio che in Italia costa 2500 euro lordi mensili in Bulgaria ne costa solo 500.

VR and Partners è la società leader in Bulgaria per consulenza aziendale nel nearshoring e può aiutare le aziende clienti a identificare le opportunità derivanti dal produrre fuori confine ma dentro l’area UE e valutarne tutti i vantaggi in termini di minori costi e tassazione di vantaggio.

Ma non solo. VR and Partners offre anche servizi più operativi come il supporto nella scelta dei siti produttivi e della loro implementazione con un supporto a 360 gradi: legale, tecnico, amministrativo e immobiliare.

Un pacchetto di soluzioni “completo” per non lasciare nulla al caso ed all’improvvisazione.