È uno dei neologismi del nuovo vocabolario del business, ma cerchiamo di capirne di più: cosa è davvero il nearshoring? Il nearshoring è quel fenomeno per cui un’organizzazione decide di trasferire il lavoro ad aziende meno costose e geograficamente vicine. L’utilizzo di questo modello consente alle aziende di spostare le proprie operazioni in un luogo che abbia quindi i due requisiti di novità e convenienza. Questa stretta vicinanza consente minori differenze di fuso orario, discrepanze culturali e un maggiore livello di controllo nei processi decisionali.  Qualcosa di abbastanza diverso dall’offshoring, che si riferisce alla collaborazione con un’azienda che si trova in un paese abbastanza lontano da operare in un ambiente economico e fuso orario completamente diverso.

Negli ultimi anni, e lo certificano i dati di Confindustria, l’industria italiana ha ricorso ad un uso sempre più massiccio del nearshoring. L’esempio più noto è quello di aziende come Fiat che hanno creato nuovi centri di produzione in Polonia. Ma è solo uno dei tanti esempi in materia. Anche la Bulgaria si sta dimostrando come una delle mete privilegiate per le aziende che ricorrono al nearshoring, con una certa predominanza di quelle operati nel campo della metallurgia, della meccanica strumentale, degli apparecchi elettrici e del tessile. L’obiettivo, per le aziende che ricorrono al nearshoring, è quello di abbattere i costi producendo in nazioni non troppo lontane dall’Italia in cui il costo del lavoro sia basso (in Bulgaria è un quinto di quello italiano) ed in cui sia però possibile trovare manodopera competente.

Questa, ma ce n’è anche un’altra che analizzeremo a breve, è una delle motivazioni più importanti del nearshoring, e che distingue questo approccio da quello di chi, ad esempio, sceglie di andare a produrre in Cina. È chiaro, infatti, che in Asia si potrà trovare un costo del lavoro ancora più basso di quello italiano, ma la qualità dei prodotti (indipendentemente dalle materie prime usate) rimane scarsa e comunque imparagonabile rispetto a quella “Made in Europe”. E poi, come anticipato, c’è un ulteriore punto da considerare se si sceglie di produrre in Bulgaria, che è il fatto di trovarsi in zona UE. È un elemento fondamentale perché permette agli imprenditori di esportare i propri prodotti in tutto il continente con pochissimi controlli e soprattutto senza pagare i dazi doganali; questo insieme alla bassa tassazione sulle persone fisiche e sulle persone giuridiche, con una flat tax al 10% senza limiti di reddito, è il motivo per cui consigliamo ai nostri clienti di costituire società in Bulgaria per creare nuove opportunità di business o per “salvare” il proprio business asfissiato da costi e tasse troppo alti in Italia.